giovedì 6 febbraio 2025

Ipogeo di Maria Pia

Le fotografie appartengono, ove non specificato altro, alla pubblicazione delle Scuole Medie del 2003. Vengono inserite in questo post al fine di sensibilizzare gli amministratori e le struttura preposte verso un monumento che ha un'importanza rilevante per il nostro territorio. Chiunque volesse utilizzarle è pregato di citare la pubblicazione dalla quale sono tratte.

L'IPOGEO DI MARIA PIA

Molti l'hanno visto, soprattutto nei passati decenni, molti ne hanno parlato, alcuni con competenze tecniche, altri con competenze storiche e altri ancora con dolente preoccupazione, temendo il peggio per questo monumento seminascosto alla vista. Tra i tanti abbiamo l'architetto Vico Mossa, il sacerdote dott. Antonio Nughes, lo storico dott. Antonio Serra, Maria Vittoria Sanna, lo studioso Rafael Caria, la studiosa Maria Chessa Lai, e certamente anche altri. Il monumento è stato inoltre oggetto di una ricerca degli alunni delle Scuole Medie di via Tarragona nel 2001-2002, in occasione del progetto interscolastico "Alghero tra mito e storia" attuato per ricordare i novecento anni della fondazione di Alghero, tenendo per buona la data del 1101 indicata da Francesco Fara.

Copertina della ricerca

Sto parlando della cripta o ipogeo di Maria Pia che, abbandonato ormai al suo destino, perde pian piano le antiche sembianze che fino alla metà del Novecento erano ancora chiaramente leggibili.

L'Associazione Tholos di Alghero ha sempre cercato di mantenere la memoria di questa misteriosa costruzione; già nel 1999 aveva organizzato una visita per i soci e a dir la verità, la costruzione era rimasta nel cuore dei visitatori di allora, ma purtroppo dal lato delle istituzioni preposte non si è evidenziato alcun interesse. Nell'unico intervento adottato, la pulizia del terreno circostante, un mezzo meccanico aveva urtato l'ingresso facendo cadere due blocchi di pietra. 


Foto tratta dalla pubblicazione dell'architetto Vico Mossa nella quale dedica una scheda all'enigmatica costruzione. Qui l'ingresso è ancora integro.

Per il 2025 l'Associazione Tholos ha dato a questo monumento un ruolo centrale e si è proposta di fare il possibile per evitare il suo totale declino. Dobbiamo dire che il tempismo è stato eccellente perché l'Amministrazione Comunale, in attesa di ritornare nei locali del palazzo di Piazza Municipio, attualmente sottoposti a restauro, ha deciso di utilizzare "La Centrale" dell'ottocentesca colonia penale di Cuguttu (Maria Pia dopo il 1934) come sede di rappresentanza del Comune. Questa circostanza comporta che si sia data una speciale attenzione anche ai terreni circostanti dove appunto si trova la cripta che è stata segnalata con dei cartelli e sottratta a intrusioni varie.

Vorrei ora dedicarmi a riflettere su questo manufatto perché molti se ne sono occupati, ma nessuno ha mai trovato risposte certe alle tante domande che pone. Anch'io faccio parte della schiera di chi si chiede:

Che cosa è?

Qual è il periodo della sua costruzione?

Come mai nessun documento ne parla?

Secondo le più accreditate ipotesi potrebbe essere una cripta della chiesa di San Giacomo, esistente in zona Calich presente nella carta della rada di Alghero di Rocco Capellino del 1577; oppure era la tomba di un importante personaggio seppellito nel XVI secolo; o ancora potrebbe essere un edificio sacro a sé stante. L'architetto Vico Mossa pensa che la costruzione risalga al Seicento; alcuni la definiscono "tomba aragonese" e sarebbe dunque precedente; secondo il dott. Nughes sarebbe in stile gotico e Maria Chessa Lai lo definisce di puro stile gotico catalano.

Ora vorrei fare delle semplici riflessioni e più che altro mi concentrerò su ciò che manca anziché su quel che c'è. Intanto Antonio Serra esclude che l'ipogeo fosse affiancato dalla chiesa di San Giacomo dato che l'antica chiesa sarebbe diventata nel tempo "la casa del Calic", un fabbricato usato ancora oggi dai pescatori della laguna. Non sono stati mai fatti degli scavi nella zona, ma penso che, se ci fosse stata una chiesa nelle adiacenze, si sarebbero individuate le fondamenta. Credo dunque che la vicinanza della chiesa di San Giacomo non sia attendibile.

Adesso andiamo al suo interno. Credo proprio che un archeologo o anche un architetto possa essere in grado di individuare il periodo della sua costruzione basandosi sullo stile. Penso che siano abbastanza eloquenti le sei nervature, ciascuna spartita in tre colonnine che salgono dal piano di calpestio e raggiungono all'estremità superiore una ghiera orizzontale che racchiude l'oculo della cupoletta che ha un diametro di m. 0,70. Alla base della cupola, a circa m. 2,80 dal pavimento, ciascuna delle nervature presenta "due ordini di foglie rigonfie". 


Interessante dettaglio delle nervature con capitello.


Mi lascia un grosso rammarico il fatto che il passare dei secoli abbia cancellato tutte le tracce che avrebbero potuto rivelarci qualcosa di più. C'erano ossa umane? C'erano oggetti? Non potremo più saperlo. Vico Mossa dà per certa la presenza di due spade al suo interno. Peccato che le spade siano sparite e che non se ne abbia neanche una descrizione.

Penso ad una sua eventuale funzione sacra e rituale e mi chiedo come mai siano assenti i simboli della religione cristiana. Le superfici murarie non recano dei segni di crocifissi, calici, ostie sacre. Sinceramente mi sarei aspettata che in un luogo di culto ci fossero dei riferimenti espliciti alla religione. Se vado a pregare o a meditare devo anche avere dei punti di riferimento e nella cripta niente richiama al culto e al rito. C'è anche da dire che obiettivamente lo spazio è veramente ridotto, in quanto lo scavo circolare, con una profondità di circa 5 m., ha un diametro di circa 6,5 m. e non può certo accogliere più di otto-dieci persone. Non sono in grado di indicare altre costruzioni simili in Sardegna o altrove. Se conoscessi degli esempi di riferimento tutto sarebbe molto più semplice.

Tra le tante ipotesi quella più vicina alla realtà mi sembra sia quella di una tomba di un importante personaggio. E qui sorgono altri dubbi. Ad Alghero, come dappertutto, si usava seppellire nelle chiese le persone che potevano pagare il servizio mentre per i "poveri" o per fedeli di religione non cristiana c'erano i cosiddetti fossar. Un fossar per gli ebrei si trovava alla Pietraia, nelle adiacenze della chiesa di Sant'Agostino vecchio, un altro cimitero era situato nei pressi delle mura tra la torre di San Giovanni e quella di Sulis, altre sepolture si facevano all'esterno della chiesa di San Michele e della cattedrale, e, stando a sentire operai che hanno scavato nei vicoli del centro storico, non era raro trovare ossa umane un po' dappertutto. Naturalmente queste sepolture coprono l'arco di diversi secoli. Posso dire che c'era un cimitojo persino ai Bastioni, in corrispondenza dell'ospedale di sant'Antonio abate, dove si deponevano i deceduti della struttura sanitaria.

Qualcuno mi può spiegare perché l'illustre defunto non è stato seppellito nella cattedrale di Santa Maria? Forse perché eravamo nel Quattrocento e Alghero, che è diventata città regia nel 1501 non aveva ancora una cattedrale? Tuttavia in città non mancavano certo chiese che accoglievano i defunti nelle loro cripte. Forse perché per vari motivi il defunto non poteva essere accolto in un sacro suolo?

E perché scegliere una zona sperduta, malarica, poco o niente trafficata

Quello che mi lascia più perplessa è l'assenza di un qualsiasi segno, tracciato o inciso sulle pareti esterne o interne, con l'indicazione della persona sepolta. Avranno pur indicato chi era stato inumato in quel pregiato sepolcro. E per la verità mi sarei aspettata di trovare a livello di calpestio un gradino più o meno alto che potesse accogliere la salma deposta. Penso che non ci sia mai stata una seria ricognizione perché non posso credere che veramente non ci sia nulla che possa dare un pur minimo indizio.

In realtà questa cripta mi appare doppiamente enigmatica. Mi chiedo quale logica abbia suggerito di realizzare un'opera di tanto impegno e perizia in un sito che fosse il più possibile lontano da sguardi indiscreti, quasi che la si volesse nascondere alla vista. Altra precauzione si è usata per evitare accuratamente di svelare il nome del personaggio e la data del suo decesso, indicazione che peraltro troviamo in tutte le antiche tombe talvolta con dovizia di dettagli.


Scala elicoidale che porta al piano di calpestio


Sarebbe necessario inoltre fare una scansione della zona con un laser scanner per verificare se nelle adiacenze si trovano altre antiche costruzioni ma credo che l'alto costo dell'intervento non permetta questa indagine.

Rimane la speranza che qualcuno, frugando fra i documenti d'archivio, individui qualche cenno che possa far luce su questa enigmatica architettura perché finalmente possa trovare una corretta posizione cronologica e storica nella vita della città.

Dopo la lettura dell'articolo di M. Vittoria Sanna publicato in "Studi Sardi", posso dire di concordare sull'esclusione della funzione rituale e sacra dell'ipogeo. Prendiamo in esame la sua ipotesi del pozzo, ovvero struttura residua della salina ubicata nei pressi di un'altra antica costruzione sul cui sito oggi si trova la Centrale della colonia penale di Cuguttu. Una riflessione su questa ipotesi fa sorgere altri quesiti. Dov'è oggi l'acqua del pozzo? O forse era una cisterna? Fino al 1912 l'approvvigionamento idrico di Alghero avveniva tramite alcuni pozzi e numerose cisterne scavate sotto i palazzi, le chiese e le strutture pubbliche nelle quali si raccoglieva l'acqua piovana. Ciò che può lasciare ancora delle perplessità è la ricercatezza stilistica dell'ipogeo; non era necessaria tanta raffinatezza per una semplice cisterna collocata in aperta campagna. E come si riempiva la cisterna in assenza di costruzioni adiacenti o sovrastanti? Non penso che l'acqua piovana che cadeva all'interno attraverso l'oculo fosse sufficiente per riempirla. Come si vede, qualunque ipotesi si avanzi, si presentano quesiti ai quali non si riesce a rispondere.



Qui si evidenzia come le radici delle piante circostanti stiano determinando il degrado della struttura.

Comunque non credo che possano sussistere dubbi su un uso civile anziché religioso anche se non si riesce ad avvalorare alcuna tesi. Bisognerebbe tornare indietro nel tempo per immedesimarsi nelle condizioni storiche, politiche, sanitarie, economiche del periodo e sarebbe necessario ragionare come un personaggio del Cinquecento per cercare di capire la logica di un manufatto unico nel suo genere che oggi non riusciamo più a giustificare.

La similitudine che la Sanna fa con il pozzo di san Patrizio di Orvieto può darci alcuni suggerimenti. Il pozzo fu scavato per volere del papa che prevedeva la necessità di un rifornimento idrico in caso di assedio prolungato della città. Occorre però aggiungere che sull'ingresso del pozzo si trovava la scritta "quod natura munimento inviderat industria adiecit", ossia ciò che non aveva dato la natura, procurò l'industria. È pur vero che la frase non è molto esplicita, tuttavia qualcosa è stato scritto, a differenza di quanto vediamo nella struttura algherese. Il periodo di costruzione, tra il 1527 e il 1537 è compatibile con la datazione del nostro ipogeo. E anche ad Alghero l'ipogeo potrebbe essere stato costruito per volere del vescovo e può essere questo il motivo dell'accuratezza di esecuzione e del suo stile simile a quello di un edificio sacro. 


Porta che introduce all'ambiente circolare che ha un diametro di circa m. 2,50


Ma poteva davvero essere un pozzo al servizio degli assediati?
Alghero era fortificata e in caso di assedio non c'era alcun motivo per andare a rifugiarsi a tre chilometri dalla città. Era forse il luogo nel quale venivano nascosti oggetti preziosi e reliquie per preservarle in caso di ingresso dei nemici nella città? Se è vero il ritrovamento di due spade questa potrebbe essere una tesi attendibile. E' interessante anche la presenza, al termine della scala, di una nicchia che avrebbe potuto sostenere un lume per rischiarare l'ambiente. A quale scopo doveva essere poggiato un lume che poteva anche essere tenuto in mano? Quale attività si poteva svolgere all'interno? A questo punto mi aspetto proprio che l'archivio storico diocesano conservi una qualche memoria della costruzione.

La descrizione dell'ipogeo e le misure riportate sono tratte dall'articolo di M. V. Sanna "Un ipogeo tardo gotico in territorio di Alghero (SS)", in Studi Sardi XXXIII (2000), pp. 323-337. 

V. Mossa, Natura e civiltà in Sardegna, Arti Grafiche Editoriali "Chiarella" Sassari 1979, p.126, foto n° 91.








martedì 13 febbraio 2024

La cripta di Santa Maria

Ieri sera lunedì 12 febbraio 2024 ho visitato la cripta che si trova sotto l'altare maggiore di Santa Maria.  

Era stata spostata la botola di marmo e l'accesso si effettuava mediante una scala a pioli di alluminio.

Arrivati al piano di calpestio ho notato che eravamo sulla terra battuta e si trovavano cumili di terra nei quali si potevano individuare delle ossa.          

Sepoltura di Filippo Arrica vescovo di Alghero dal 24 febbraio 1832 alla sua morte avvenuta il 29 gennaio 1839. Dopo di lui ci furono quattro anni di sede vacante fino all'arrivo di Efisio Casula il 22 luglio 1942 dimessosi quello stesso anni. Dopo di lui fu vescovo Pietro Raffaele Arduino (dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali) dal 30 gennaio 1843 al 12 novembre 1863 quando venne a mancare.



Sepoltura del reverendo Giuseppe Luigi Fresco, Vicario Generale, Canonico del titolo della Vergine degli Angeli di Alghero deceduto il 26 giugno 1855 a 68 anni. Era nato nel 1787.

Ad Alghero vi erano famiglie Fresco che arrivavano da Torre del Greco e altre provenienti dalla Liguria.

Nel febbraio 1745 è citato in qualità di padrino Giacomo Fresco della Riviera di Genova.

Il 24 gennaio 1793 troviamo Vincenzo Fresco di Torre del Greco.

In quello stesso periodo il teologo Rafaele Fresco era canonico della Cattedrale e pro-vicario generale con prebenda di Macomer.

(L'estate del colera di Marina Sechi Nuvole, Edicions de l'Alguer, 2019,  Vol I p. 240, Vol III, p. 243)


In questa sepoltura si legge l'anno 1862. Chi ha guardato dalla breccia ha visto il corpo del vescovo sepolto con tutti i paramenti. Potrebbe essere il vescovo Pietro Raffaele Arduino ma lui è deceduto il 12 novembre 1863 quindi l'anno non coincide. E' morto all'improvviso, come sua madre. Aveva 64 anni e due mesi quindi era nato nel settembre 1799 (Sechi Nuvole, Vol.III, p. 132)

 Ad Arduino hanno dedicato anche una strada del centro storico.

Nel gennaio 1789 troviamo ad Alghero la coppia Pietro Arduino e Giovanna Maria Fadda. (Dalla raccolta dei miei dati)

 Sono i genitori del vescovo (Sechi Nuvole, Vol.III, p. 132)

Nella cassa di zinco visibile a sinistra sono state raccolte le ossa trovate sparse nel terreno.


Nel cumulo di terra addossato all'angolo della cripta si vedono anche ossa. 

In tutto nella cripta che ha una volta  a botte ci sono una decina di sepolture ma non tutte le scritte sono leggibili.


giovedì 2 marzo 2023

Carnevale in Sardegna

 Il 1° marzo 2023 nei locali dell'ex-Seminario di via Sassari l'Associazione Tholos ha organizzato un incontro con la prof. Gabriella Nocentini, autrice del libro Le vie delle maschere .

La relatrice ha basato la sua comunicazione su manifestazioni sarde meno conosciute delle quali ha mostrato quattro filmati realizzati a Orani, Austis, Lula e Fonni. Non a caso sono tutti centri del nuorese dato che è quella la zona dell'isola dove si sono mantenute le più arcaiche tradizioni che presentano relitti di usi provenienti dal più lontano passato.

ORANI che inizia il 17 gennaio nel giorno di Sant'Antonio Abate. Nel pomeriggio dopo la messa e la processione dedicati al santo, si fanno tre giri attorno al fuoco e alla chiesa; quindi si distribuiscono vino e pistiddu, un dolce tipico. Subito dopo arrivano sos bundhos urlando con i loro bastoni a tridente. Su Bundhu è una maschera agricola e fa il gesto di lanciare il grano alla folla. Tra loro c'è Maimone, vestito di pelli di vari animali. Il vociare si fa assordante ed è specificoo delle maschere che arrivano da sotto terra e devono spaventare.

AUSTIS: Nel 1700 la Chiesa non era ancora riuscita ad eliminare le maschere e Giovanni BattistaVassallo si vide costretto a minacciare di scomunica coloro che avessere continuato nei festeggiameti proibiti.

Continua ... 

 

giovedì 26 gennaio 2023

Storia di Alghero - Riflessioni

 Da mercoledì 25 gennaio l'Associazione Tholos ha organizzato nei locali dell'Università delle Tre Età (Ex Seminario) una serie di incontri con Luciano Deriu per parlare della storia di Alghero.

Questa è una libera relazione che prende spunto dall'incontro.

Il territorio di Alghero, abitato sin dai tempi del primo popolamento della Sardegna nel Neolitico Antico, non è stato coinvolto dalle colonizzazioni puniche e romane che hanno preferito altre località per edificarvi città. I Romani prescelsero litorali dove sfociavano corsi d'acqua, meglio ancora se navigabili anche parzialmente  come accade per Bosa e per Porto Torres forse perché ciò facilitava lo sbarco e l'imbarco dei carichi navali. Di fatto gli scavi archeologici e le pur scarse testimonianze mostrano che la storia ha ignorato Alghero dal periodo romano fino al Medioevo quando gli Arabi iniziarono a  provare interesse per questa costa alla quale si poteva approdare senza essere intercettati. Il pericolo islamico si presentò nel nostro mare nel 1015 quando Mughaid (Museto) vi diresse le sue imbarcazioni. Subito il papa si allarmò paventando l'invasione dell'Isola da parte degli "infedeli" che avrebbero così avuto una base per muovere contro Roma. Il Giudice di Torres non aveva sufficienti forze per contrastare un attacco e chiese man forte alle Repubbliche Marinare di Pisa e di Genova che possedevano navi e soldati in grado di proteggere le nostre coste sguarnite. Fu così che arrivò la potente e numerosa famiglia genovese dei Doria che, con un'accorta politica che includeva diplomazia e accordi matrimoniali, riuscì ad impossessarsi di vaste zone del nord Sardegna, inclusa la nostra costa.

In quel momento il nostro litorale si presentava pressoché spopolato. A pochi chilometri dal mare, in zona Carrabuffas, insisteva il villaggio di Carbia dove in età nuragica era stato edificato un pozzo sacro che mantenne una assidua frequentazione in età romana in quanto le sue acque erano ritenute miracolose e salvifiche, a giudicare dai numerosi ex-voto fittili a forma di braccia e di piedi lasciati dai fedeli.

I Doria avevano a loro disposizione un vasto territorio e il loro compìto era quello di creare un luogo di controllo fortificato. Dopo aver valutato il profilo di costa decisero di creare opere a difesa della penisoletta che si allungava sul mare a basso fondale dove era impossibile l'approdo di sorpresa per gli eventuali nemici. Fu così che proprio sulla punta della penisola costruirono un' alta torre, il Castellazzo, e una cortina protettiva ricca di torri quadrangolari per racchiudere una vasta area che lentamente si arricchì di edifici pubblici e privati lasciando vaste superfici libere necessarie ad una fortezza in vista di lunghi assedi. All'interno infatti dovevano trovare spazio orti, stalle, aie e tutto ciò che occorreva per provvedere al sostentamento della guarnigione e degli abitanti. Per l'acqua ci si doveva accontentare dei pozzi che a volte davano acqua salmastra visto che pescavano nei pressi del mare; in alternativa si costruivano cisterne per raccogliere l'acqua piovana.


Dal Castellazzo si poteva avere un'ampia visuale sul mare.

foto da: https://www.tripadvisor.it/Attraction_Review

La data di fondazione della città fa ancora discutere i vari studiosi, storici e archeologi. Ormai nessuno accetta più l'anno 1102 indicato dal Fara come data di nascita di Alghero e di Castelsardo, entrambi centri fortificati per opera dei Doria. Per quanto riguarda Alghero, la documentazione attuale e gli scavi archeologici propendono per la metà del XIII secolo e si basano su due eventi. Nel 1281 c'è un documento che riguarda uno scambio di merci. Nel 1288 in un documento ufficiale Branca Doria chiede a Pisa un risarcimento per i danni subiti in occasione dell'assedio di Alghero del 1283 (1). Ciò significa che a quella data la città era un punto strategico importante e aveva già costruzioni e fortificazioni.

(1).  http://www.archiviodistatogenova.beniculturali.it/index.php?it/177/branca-doria

Si dà per scontato che la città abbia avuto i Doria come fondatori. Ma ci si può anche chiedere come mai una famiglia genovese, per quanto potente, abbia avuto la possibilità di impadronirsi di tanti territori senza peraltro averli conquistati in alcun modo. In effetti dopo il 1000 il Giudicato di Torres e quello di Gallura erano entrati in crisi soprattutto a causa della loro debolezza nei confronti degli attacchi arabi alle nostre coste. I Giudici, costretti a chiedere aiuto a forze esterne alla Sardegna dovettero anche cedere man mano il loro potere. Un'economia debole soccombe di fronte a chi arriva ben determinato a far pagare a caro prezzo il sostegno dato. In pratica i Doria si impadronirono di importanti punti strategici delle coste settentrionali dell'Isola (Alghero e Castelsardo) e delle zone più elevate dell'entroterra (Monte Acuto e Monteleone Roccadoria).

Vorrei ora fare una riflessione sul toponimo Alghero. Molte delle zone occupate dalla famiglia genovese sono state battezzate con il loro cognome; Casteldoria e Roccadoria ne sono un esempio. Ma Alghero fa eccezione a questa regola e viene identificata col toponimo Allegerii/Allogerio (A. Castellaccio, Alghero Medievale, Vol. I, pp. 78, 80)

Siccome i toponimi hanno sempre una storia, osserviamo in primis che evidentemente le nostre coste avevano già un nome all'arrivo dei Genovesi. Il toponimo non è tanto antico dato che non viene citato nei vari itinerari precedenti ma nel XIII secolo risulta già consolidato nell'uso. Alcuni studiosi concordano sul fatto che, ove si riuscissero a tradurre le testimonianze arabe relative all'attività marinara islamica nel Mediterraneo, si potrebbero aprire nuovi scenari nella storia della nostra Isola e tra le altre acquisizioni ci sarebbe forse la certezza che il toponimo Allegerii è di origine araba come alcune  assonanze suggeriscono.

Mercoledì 15 febbraio 2023

Il regno catalano aragonese nasce con Alfonso (1157-1196), figlio del conte di Barcellona Berengario e della marchesa di Aragona Petronilla (1136-1174). Le due regioni iberiche, che erano riuscite a liberarsi dalla dominazione araba, pensarono di espandere i loro confini conquistando Valencia e le Baleari. Il re catalano aragonese Pietro III (1240-1285), nel 1262 sposò la tredicenne Costanza (1249-1302), figlia di Manfredi e nipote di Federico II; grazie a questo matrimonio Pietro III riteneva di avere dei diritti sulla Sicilia dove regnavano gli Angioini. La guerra, che prese l'avvio dai Vespri Siciliani, durò venti anni e si concluse con la pace di Caltabellotta (1302) che assegnò la Sicilia agli Aragonesi e il regno di Napoli agli Angioini.  Nel frattempo il papa Bonifacio VIII per sanare i contrasti tra i discendenti di Pietro, nominò Giacomo II (1267-1327)  Re di Sardegna e Corsica in cambio della Sicilia.  

Solo nel 1323 i Catalano Aragonesi furono in grado di organizzarsi per prendere possesso della Sardegna. Per la spedizione si allestirono quaranta navi da guerra e un centinaio di navi da trasporto che si ripararono a Porto Vesme in vista dell'assedio di Iglesias. La Sardegna era allora difesa dai Pisani che avevano grossi interessi nel cagliaritano e in Gallura. Dopo un lungo assedio Iglesias cadde e nel 1324 le truppe si disposero sul colle di Bonaria a Cagliari con torri mobili e con i più moderni mezzi bellici. Nel 1325 la città cedette e l'Infante Alfonso, figlio di Giacomo II, affidò i territori conquistati ai nobili che lo avevano aiutato a portare a termine l'impresa. I villaggi sardi si trovarono così infeudati in un periodo nel quale il feudalesimo aveva già ceduto il passo ai comuni. I feudatari però non risiedevano nel feudo perché preferirono restare in Spagna. Il loro nuovo possedimento fu affidato ad amministratori che in genere furono particolarmente esosi e prepotenti. Tra i feudatari troviamo i Boyl e i Zatrillas, famiglie che in seguito abitarono anche ad Alghero. 


Nel secolo XIV la Sardegna appare divisa tra il Regno di Sardegna sotto gli Aragonesi, e il Giudicato di Arborea.     Nella parte nord settentrionale troviamo le famiglia Doria e Malaspina.


In Sardegna era ancora molto saldo il Giudicato d'Arborea che aveva inglobato in parte quello di Torres: inoltre i Doria erano sempre più agguerriti contro gli Aragonesi. Ugone II d'Arborea e i Doria dovettero fare rinnovati atti di vassallaggio all'Infante Alfonso; dobbiamo qui aggiungere che Ugone II era stimato dal re aragonese che ne chiedeva spesso il parere.  Con i Doria vi era invece un evidente attrito; e spesso tra i giovani Doria qualcuno si spingeva oltre, fino a costruire un castello in un punto strategico presso Bonorva, provocando la reazione degli aragonesi che cercarono in tutti i modi di sottrarre loro i possedimenti, in primo luogo quello di Alghero. Infatti la potente famiglia genovese controllava le coste settentrionali della Sardegna e condizionava il traffico mercantile, soprattutto quello catalano aragonese.

Infine nell'agosto 1352 il sovrano aragonese Pietro IV allestì una flotta e si alleò con Venezia  per contrastare il potere dei Genovesi nel Mediterraneo. L'anno seguente decise di dare battaglia ai Doria in Sardegna e attaccò Alghero con una grande flotta al comando di Bernardo di Cabrera. Lo scontro navale si svolse a Porto Conte e i Genovesi subirono una decisiva sconfitta. Dunque nel 1353 Alghero diventò possedimento della Corona d'Aragona. A Barcellona si fecero festeggiamenti per la vittoria e Bernardo di Cabrera fu osannato alla stregua di un eroe. Ma in Sardegna l'ostilità contro i catalano aragonesi era  molto forte e il Giudice d'Arborea Mariano IV, decise di mettersi alla testa di un esercito formato dai tanti Sardi che mal sopportavano il sistema feudale al quale dovevano sottostare.





mercoledì 7 dicembre 2022

Ploaghe-Perfugas 2022

Sabato 3 dicembre 2022 un gruppo di soci e simpatizzanti Tholos si è recato a Ploaghe e a Perfugas per effettuare la visita di alcuni luoghi significativi della nostra storia. 

Il cimitero di Ploaghe, benedetto nel 1797,  è il più antico della Sardegna. Fino all'editto di Napoleone  i defunti venivano deposti nelle cripte delle chiese con vari inconvenienti soprattutto di carattere igienico-sanitario. Dopo l'editto passarono alcuni anni prima che i comuni creassero appositi luoghi di sepoltura lontani dall'abitato e Ploaghe fu il primo paese  sardo ad avere un cimitero.








Attraverso le lapidi del cimitero di Ploaghe si può ricostruire la storia del paese. Inoltre la loro iconografia è significativa e l'interpretazione può dare molte informazioni. Non dimentichiamo che gran parte delle notizie che conosciamo dei periodi privi di documenti deriva proprio dalle sepolture.

 

 Fra Serafino dovette lasciare l'ordine dei frati cappuccini "aboliti gli ordini religiosi". L'abolizione avvenne negli anni Sessanta dell'Ottocento.


Valentino Sini era chirurgo e vaccinatore.


Nell'agosto 1855 anche a Ploaghe è arrivato il colera che ha provocato migliaia di vittime in Sardegna.



Questa è la lapide del Canonico Giovanni Spano, personaggio di spicco nella storia, 
archeologia e cultura della Sardegna


Nella seguente visita alla Quadreria del Canonico Spano il gruppo ha avuto l'occasione di vedere alcuni dei quadri che il canonico aveva collezionato in vari modi: con l'acquisto, le donazioni, o semplicemente portandoli via da chiese ormai abbandonate, per non disperderli. La collezione è molto ricca ed interessante. 



La visita è proseguita nell'ex convento dei Cappuccini trasformato dal Comune in struttura culturale.
In un salone è stata allestita una mostra di mosaici realizzati in loco da artisti provenienti da diverse nazioni europee ed extraeuropeee. 


Mosaici esposti nel salone dell'ex Convento dei Cappuccini



Il gruppo davanti alla parrocchiale San Pietro Apostolo


Concluso il programma della mattinata c'è stata la pausa pranzo nell'agriturismo Carrucana a Martis.  

Nel pomeriggio il gruppo si è recato a Perfugas. La prima tappa è stata il retablo di San Giorgio custodito nella chiesa di Santa Maria degli Angeli.

Quindi il gruppo si è diretto verso il pozzo sacro di Predio Canopoli di epoca nuragica. 


Le recenti piogge hanno riempito il pozzo che appare ancora colmo d'acqua.



 


Le campane della chiesa di Santa Maria degli Angeli suonano le ore. Il sole sta per tramontare e il gruppo si dirige verso il museo.
Al museo siamo stati accolti con un gradito rinfresco con dolci e bevande.

La zona di Perfugas è, al momento, l'unica della Sardegna che ha restituito evidenti tracce del passaggio dell'homo nel paleolitico inferiore. Si sono trovati strumenti litici ricavati su schegge di selce risalenti al Clactoniano arcaico (500.000 anni fa). In quei lontani tempi la Sardegna era raggiungibile attraverso l'arcipelago toscano e la Corsica poiché il mar Tirreno era molto meno profondo di quanto non lo sia oggi e tra le isole toscane e la Corsica vi era soltanto un breve braccio di mare. I gruppi che hanno raggiunto il territorio di Perfugas vi hanno sostato per un certo tempo in quanto hanno sfruttato un ricco giacimento di selce, la pietra utilizzata nel paleolitico per costruire gli strumenti utili soprattutto per pulire le pelli, per lavorare il legno e l'osso e forse anche per tagliare e battere i vegetali di cui si nutrivano come per la macellazione di piccoli animali. Erano nomadi e non si riscontra continuità di presenza umana per alcune centinaia di migliaia di anni, fino a circa 20.000 anni fa, ma si tratta ancora di presenze temporanee. Il popolamento dell'Isola inizia circa 8000 anni fa, e nel territorio dell'Anglona sono presenti quasi tutte le culture succedutesi in Sardegna dal Neolitico antico ai giorni nostri con un vuoto nel periodo fenicio-punico. Il museo riveste dunque un'importanza particolare in quanto è un riassunto di 500.000 anni di storia del territorio sardo. Ha inoltre una sezione paleobotanica con i resti fossili di conifere, olmi e palmizi. 
A Ploaghe e a Perfugas abbiamo avuto delle guide molto competenti e gentili.
 
Visite precedenti dell'Associazione Tholos a Perfugas: Domenica 23 maggio 1999 - 20 ottobre 2018

CURIOSITA': Il cimitero di Alghero, costruito sotto la direzione del capitano degli Ingegneri Leopoldo David e del governatore don Carlo Cugia, è stato benedetto il 24 aprile 1816. Cfr. G. A. Màssala, Giornale di Sardegna, Poliedro, Nuoro, 2001, pp. 156-157 e p. A. Spina, I conventi di Alghero tra il 1600 e il 1870, Passionisti, Alghero 2002, p.18. 

L'antico cimitero è stato distrutto negli anni Quaranta-Cinquanta del Novecento. Ogni commento è superfluo. Al suo posto si trovano la chiesa della Mercede e i giardini pubblici Tarragona.

lunedì 24 giugno 2019

La festa di San Giovanni Battista



PRESENTAZIONE

San Giovanni, la festa della luce

La luce e il calore emanati dal sole irradiano il nostro pianeta consentendone la vita; questa consapevolezza ha accompagnato l’esistenza degli esseri umani che hanno commemorato, esaltandone il significato con rituali e feste, quei fenomeni di cui avevano conoscenza attraverso l’osservazione e la contemplazione della natura.

Le festività legate al culto di S. Giovanni seguono, fra il sacro e il profano, un sottile filo di continuità con l’antica adorazione del sole o della divinità che simbolicamente lo rappresentava e trovano nel solstizio d'estate un momento denso di significati e sentimenti anche contraddittori: il timore per la luce solare che si ferma, diventa statica, interrompe il suo divenire e crea nell'essere umano ansia per il futuro; la speranza e la gioia che ritornano alla ripresa del suo percorso ciclico.

La ricerca che l'associazione Tholos ha voluto pubblicare, seppure in una edizione artigianale ed in un numero limitato di copie, grazie all'impegno dei soci che hanno curato le varie relazioni, si propone di approfondire alcuni di questi aspetti in un percorso che attraversa il tempo e lo spazio, senza voler ovviamente essere esaustivi: da subito infatti il materiale disponibile è stato imponente e difficile la selezione. Con l'auspicio che questo sia il primo lavoro di una serie, ringrazio a nome dell'Associazione quanti ne hanno curato e resa possibile l'edizione.

Giugno 2011

Il presidente 
Roberto Coghene


San Giovanni battezza Gesù


Il giorno del solstizio estivo è stato oggetto di riti particolari presso tutti i popoli che fin da epoche remote hanno osservato che dal 21 giugno il sole per tre giorni sorge e tramonta sempre nello stesso punto dell'orizzonte e pare quindi fermo. Il 24 riprende il suo cammino ma cambia direzione.

Irradiazione solare nel solstizio d'estate quando il Polo Nord è in piena luce


Questa particolarità ha reso i giorni dei solstizi momenti speciali che l'uomo ha sempre celebrato. Anche la religione cristiana ha dovuto tener conto degli antichi culti  e ha dovuto adattarli a sé.

È nata così la festa del 24 giugno, ricorrenza di san Giovanni Battista.

La festa di San Giovanni Battista ha almeno due caratteristiche che la rendono singolare. È  l’unica festa che celebra il giorno natale di un santo, pratica proibita per gli altri santi; in secondo luogo, le ore che vanno dal tramonto del 23 giugno all’alba del 24 giugno sono ritenute propizie per le pratiche divinatorie, per allontanare da sé ogni male  lungo tutto l’anno e per compiere ogni sortilegio. La mezzanotte è il momento più importante.

È la notte di mezz’estate, la midsummer  della quale parla Shakespeare, è una notte di misteri e gli uomini devono stare attenti alle negatività ma possono anche trarne vantaggi.


Titania e Oberon, regina e Re delle Fate


La notte tra il 23 e il 24 giugno è dunque notte di grandi prodigi, perché in quelle ore il nostro mondo entra in comunicazione con altri mondi che di solito sfuggono alla nostra percezione, e così si può conoscere il futuro e si possono ottenere salute e prosperità partecipando ai vari riti di purificazione.

Queste superstizioni scaturiscono da atteggiamenti dell’uomo che, ignaro delle cause dei fenomeni naturali, li vuole controllare in qualche modo. Le arcaiche inquietudini e paure hanno generato usi che attraverso i millenni sono arrivati fino ai nostri giorni. Ma noi ormai non riusciamo più a capire la logica di tradizioni la cui origine è tanto lontana dal nostro modo di vivere e di pensare.


Fuochi di San Giovanni ad Alghero


Il Gruppo di Studio e Ricerca Tholos ha cercato di capire tale logica partendo dalle seguenti domande:

1.  Che cosa ricordiamo dei festeggiamenti di San Giovanni Battista?

2. Quali testimonianze troviamo nei libri e in internet sui festeggiamenti ad Alghero, in Sardegna, in Italia, in Europa e nel Mondo nel corso del tempo?

3.  Chi era San Giovanni?

4. Qual è la storia della festa?

5. Perché si festeggia il solstizio? Che cosa è il solstizio?

6. Quando l’uomo ha iniziato a festeggiare il solstizio?

7. Perché La Massoneria ha come patrono San Giovanni?

8. Qual è la storia della chiesa di San Giovanni Battista di Alghero?

La ricerca ha messo in luce una quantità sorprendente di tradizioni legate alla festa in ogni parte del  mondo e in ogni tempo. Abbiamo dovuto fare delle scelte tra la grande quantità di informazioni trovate e nel libretto si è effettuata una selezione che privilegia le notizie su Alghero e sulla Sardegna. Per quanto riguarda l'Italia, l'Europa e il Mondo abbiamo preferito parlare di alcuni luoghi da noi ritenuti più significativi, anziché fare degli elenchi.

Molte notizie e molte immagini sono tratte da siti Internet o da pubblicazioni. I testi consultati sono riportati nelle pagine delle relative citazioni.



SAN GIOVANNI DELLA PORTA LATINA


Prima di iniziare ad esporre i risultati della ricerca non posso tralasciare di accennare ad un'altra festa di San Giovanni che ad Alghero si svolgeva il 6 maggio con grande solennità nei secoli tra il 1400 e il 1800 e che spesso viene confusa con la ricorrenza del 24 giugno. In realtà il 6 maggio si ricordava San Giovanni Evangelista che, secondo gli algheresi, aveva aiutato la città a sconfiggere i sassaresi e il Visconte di Narbona, i quali tentavano di scacciare da Alghero i catalano-aragonesi. Il fatto è avvenuto  il 6 maggio 1412. Il 6 maggio è il giorno del martirio di San Giovanni Evangelista che, messo nell'olio bollente a Roma nei pressi della Porta Latina, si salvò e morì molti anni dopo, il 27 dicembre, giorno della festività del santo.



Il 6 maggio fu per diversi secoli celebrato dagli algheresi che in quell'occasione cantavano i Cobles. La festa fu infine abolita perché rinfocolava antichi attriti fra algheresi e sassaresi e talvolta generava scontri come riportato da Alberto della Marmora e dal canonico Angius. Il canonico Angius afferma che la ricorrenza nella prima metà dell'Ottocento manteneva “solo quello che era puramente religioso nella memoria di quella vittoria”.



Come si può vedere dai documenti dell'Archivio Storico di Alghero  le spese sostenute per la festa di San Giovanni “Ante Portam Latina” erano a carico del comune.


CONTINUA

lunedì 24 dicembre 2018

Maura, l'indovina di Orotelli

In questo blog vengono pubblicate soltanto foto. L'attività dell'Associazione Tholos viene aggiornata nel seguente blog:





Maura, l'indovina di Orotelli
21 dicembre 2018, presentazione del libro a cura dell'autrice Alessandra Derriu
Organizzata dall'Associazione Tholos