In questo blog vengono pubblicate soltanto foto e commenti. L'attività dell'Associazione Tholos viene aggiornata nel seguente blog:
Lunedì 18 giugno 2018 un gruppo di soci Tholos si è recato a visitare Su Romanzesu presso Bitti.
Nell'area si trovano 17 strutture tra le quali sono stati individuati cinque templi. Un sesto tempio a megaron è ancora da scavare.
Su Romanzesu si può collocare tra le aree cultuali più importanti della Sardegna che comprendono Santa Vittoria di Serri, S'Arcu is Forros, Gremanu e Monte S. Antonio. I luoghi destinati al culto delle acque sono circa cinquanta.
Francesco (la guida) parla del sito e i soci ascoltano seduti sui gradoni che anticamente ospitavano i fedeli accorsi al tempio a pozzo
La tholos del tempio a pozzo è stata distrutta durante lavori effettuati nel 1970
Gradinata per arrivare all'acqua. L'originaria scala di pietra di forma trapezoidale è stata distrutta durante lavori eseguiti per deviare l'acqua sorgiva. Il culto che si svolgeva nel tempio a pozzo era riservato a poche persone poiché lo spazio è ristretto.
Betili collocati ai lati dello spazio gradonato nei pressi della fonte. Un terzo betilo più piccolo è posizionato più avanti.
Gradoni con betili ai lati.
In primavera, a causa del disgelo e delle abbondanti piogge, l'acqua del pozzo usciva fuori dalla sua sede e si spargeva nello spiazzo antistante vi si potevano celebrare riti collettivi. I fedeli si immergevano nelle acque e potevano così purificarsi. Si parla anche dell'ordalia, ma non vi sono testimonianze dirette di tale pratica in Sardegna.
Nel raggio di tre chilometri da Romanzesu si contano sette villaggi nuragici.
Ricostruzione di capanna
La struttura ripropone il tipico modulo planimetrico della capanna circolare nuragica. L'area interna ha un piano pavimentale lastricato e un grande focolare ubicato in posizione appena decentrata; la presenza del sedile perimetrale alla base del muro rende plausibile la destinazione d'uso del vano a “capanna delle riunioni”. La presenza del focolare esclude l'utilizzo di un palo di sostegno centrale per il tetto conico del vano, impostato alla sommità del perimetro murario e realizzato in materiale deperibile.
Le varie proposte di ricostruzione ideale delle coperture circolari di età nuragica, prevedono sostanzialmente la realizzazione di un'armatura di pali lignei disposti a raggiera e convergenti al centro, raccordati da una trama di travicelli orizzontali posizionati a diverse altezze che, con funzione di tiranti, contribuivano a distribuire uniformemente il peso della copertura; i carichi tutt'altro che trascurabili del tetto andavano a gravare integralmente sul muro perimetrale. Il rivestimento esterno della copertura di frasche, stramineo e incannucciato, infine, veniva verosimilmente amalgamato ed impermeabilizzato con un impasto di argilla. I materiali ceramici recuperati nell'interno di scavo permettono di attribuire al XV sec. a.C. (media età del bronzo) la fase d'impianto della grande capanna circolare.
A S'Urbale è stata trovata una capanna integra che utilizzava il sughero posizionato sotto alcuni centimetri di piano di calpestio fatto di terra battuta. Le pareti venivano intonacate e rifinite con argilla.
Capanna delle riunioni con focolare al centro e pavimento con lastroni di pietra
A Romanzesu si trovano quattro grandi capanne con sedili lungo la circonferenza e focolare centrale. Questo dato suggerisce che il luogo, oltre ad essere destinato al culto, era anche un centro direttivo e amministrativo del territorio circostante. Molte persone si riunivano nella capanna e discutevano, dialogavano, forse risolvevano controversie e conflitti sorti tra i pastori.
Costruzione rettangolare con mura molto spesse che racchiudono un ristretto spazio interno. L'ingresso è collocato sul lato lungo, a differenza di quanto succede nei templi a megaron. La copertura era stata realizzata con lastroni. All'esterno è posizionato un doppio bancone. Si fa l'ipotesi che sia un mausoleo per il culto di un eroe.
Sono stati ritrovati lame e puntali di bronzo, bottoni votivi, pendagli e fibule di matrice etrusca, un morso equino,vaghi di pasta vitrea e tre vaghi di ambra.
All'esterno si sono trovati 133 vaghi di ambra per bracciali e collane. Pare che alcuni vaghi siano stati lavorati proprio a Romanzesu.
Ingresso collocato sul lato lungo del mausoleo.
Spazio antistante il mausoleo delimitato da una triade betilica e da lastroni. Forse era la zona destinata al culto.
Terzo Tempio a Megaron
Ingresso del terzo tempio a Megaron
Spazio antistante l'ingresso realizzato in un secondo tempo. Ai lati dell'ingresso alcune lastre delimitano lo spazio dove, secondo alcune ipotesi, venivano alloggiati i pitoi contenenti l'acqua lustrale.
Recinto cultuale
Il monumento è stato riportato alla luce nel corso di due campagne di scavo effettuate negli anni '90. L'indagine archeologica ha permesso di evidenziare le parti residue del monumento documentando un complesso edificio cultuale dalla planimetria inedita, privo cioè di possibili riscontri nell'ambito dell'intero panorama dell'architettura nuragica nota. Il tempio presenta una pianta sub-ellittica con unico ingresso rivolto ad Est aperto nel muro perimetrale. Questo conduce ad una struttura di muri concentrici, con andamento labirintico in un ambiente circolare interno. Tale vano conserva una porzione residua dell'originaria pavimentazione lastricata su cui poggiava un basamento circolare, formato da blocchi di pietra a forma di cuneo, destinato a sostenere un elemento architettonico funzionale. Il piccolo vano centrale, in origine coperto, costituiva una sorta di sancta sanctorum raggiungibile attraverso un camminamento anulare, ricavato tra i muri concentrici, come un percorso obbligato con valenze rituali. I materiali recuperati dagli archeologi comprendono: parte di una base votiva in granito (l'elemento in cui venivano inserite le offerte in bronzo), pugnaletti, bracciali, spilloni, frammenti di spade votive, parte di una fiasca del pellegrino, porzioni di altri recipienti in ceramica d'impasto. I reperti di scavo oltre a confermare il carattere rituale-cerimoniale di questo straordinario monumento, ne collocano il momento della costruzione ed il periodo di utilizzo tra la fine del XIII ed il I secolo a.C.
La fiasca del pellegrino
Tra i materiali ceramici recuperati nello scavo dl grande recinto cultuale il collo di una fiasca del pellegrino, recipiente documentato nell'isola da pochi esemplari, imitazione locale di una forma ceramica prodotta nel Mediterraneo orientale (Cipro e costa siro-palestinese) ed introdotta nella Sardegna di epoca nuragica tra Xii e IX sec. a.C. Il vaso dal corpo tondeggiante e schiacciato, dotato di prese forate per l'inserimento di un cordino di sospensione, richiama vagamente le forme di una moderna borraccia. La fiasca di Romanzesu, a differenza degli altri esemplari, presenta eccezionalmente il lungo collo modellato a forma di torre di nuraghe con, in evidenza, il dettaglio di mensoloni che sostenevano la terrazza sommitale nell'edificio a dimensioni reali. Proprio tale caratteristica sottolinea la valenza “simbolica”, confermata dal luogo di rinvenimento (una struttura sacra), di una forma ceramica riproposta non casualmente in forme miniaturistiche, sotto forma di pendaglio in bronzo. Valenza “simbolica” del contenitore ceramico legata probabilmente alla sacralità dell'acqua.
Il monumento è stato riportato alla luce nel corso di due campagne di scavo effettuate negli anni '90. L'indagine archeologica ha permesso di evidenziare le parti residue del monumento documentando un complesso edificio cultuale dalla planimetria inedita, privo cioè di possibili riscontri nell'ambito dell'intero panorama dell'architettura nuragica nota. Il tempio presenta una pianta sub-ellittica con unico ingresso rivolto ad Est aperto nel muro perimetrale. Questo conduce ad una struttura di muri concentrici, con andamento labirintico in un ambiente circolare interno. Tale vano conserva una porzione residua dell'originaria pavimentazione lastricata su cui poggiava un basamento circolare, formato da blocchi di pietra a forma di cuneo, destinato a sostenere un elemento architettonico funzionale. Il piccolo vano centrale, in origine coperto, costituiva una sorta di sancta sanctorum raggiungibile attraverso un camminamento anulare, ricavato tra i muri concentrici, come un percorso obbligato con valenze rituali. I materiali recuperati dagli archeologi comprendono: parte di una base votiva in granito (l'elemento in cui venivano inserite le offerte in bronzo), pugnaletti, bracciali, spilloni, frammenti di spade votive, parte di una fiasca del pellegrino, porzioni di altri recipienti in ceramica d'impasto. I reperti di scavo oltre a confermare il carattere rituale-cerimoniale di questo straordinario monumento, ne collocano il momento della costruzione ed il periodo di utilizzo tra la fine del XIII ed il I secolo a.C.
La fiasca del pellegrino
Tra i materiali ceramici recuperati nello scavo dl grande recinto cultuale il collo di una fiasca del pellegrino, recipiente documentato nell'isola da pochi esemplari, imitazione locale di una forma ceramica prodotta nel Mediterraneo orientale (Cipro e costa siro-palestinese) ed introdotta nella Sardegna di epoca nuragica tra Xii e IX sec. a.C. Il vaso dal corpo tondeggiante e schiacciato, dotato di prese forate per l'inserimento di un cordino di sospensione, richiama vagamente le forme di una moderna borraccia. La fiasca di Romanzesu, a differenza degli altri esemplari, presenta eccezionalmente il lungo collo modellato a forma di torre di nuraghe con, in evidenza, il dettaglio di mensoloni che sostenevano la terrazza sommitale nell'edificio a dimensioni reali. Proprio tale caratteristica sottolinea la valenza “simbolica”, confermata dal luogo di rinvenimento (una struttura sacra), di una forma ceramica riproposta non casualmente in forme miniaturistiche, sotto forma di pendaglio in bronzo. Valenza “simbolica” del contenitore ceramico legata probabilmente alla sacralità dell'acqua.
Costruzione circolare definita Labirinto
Vasta costruzione circolare con corridoi interni e capanna centrale. Ha un diametro di 18 metri e l'altezza delle mura perimetrali doveva raggiungere 1,80-2 metri.
Gli scavi hanno restituito circa due mila ciottoli di quarzo. Si ipotizza che lo spazio fosse ricoperto col sistema dei pali ricoperti di frasche e anche la capanna aveva una sua copertura. Forse il luogo era utilizzato per l'iniziazione dei giovani che dovevano compiere un percorso al buio e alla fine potevano lasciare il ciottolo tenuto in mano. La particolare struttura suggerisce un movimento di espiazione circolare.
Ingresso del "Labirinto"
NURAGHE LOELLE
NURAGHE LOELLE
Dopo la sosta per il pranzo ci rechiamo a visitare il nuraghe Loelle in territorio di Buddusò.
Nuraghe Loelle
Nicchia all'interno del nuraghe
Nicchia di una stanza al piano superiore del nuraghe Loelle.
Nei pressi del nuraghe si trovano due tombe di giganti delle quali rimane il vano di sepoltura e l'esedra esterna. Il vano è delimitato sul fondo da una lastra di pietra.
Nicchia di una stanza al piano superiore del nuraghe Loelle.
Nei pressi del nuraghe si trovano due tombe di giganti delle quali rimane il vano di sepoltura e l'esedra esterna. Il vano è delimitato sul fondo da una lastra di pietra.
Nei pressi del nuraghe si trovano due tombe di giganti delle quali rimane il vano di sepoltura e l'esedra esterna.
Nei pressi del nuraghe si trova un imponente masso.
Accanto al masso si può sostare per un pic-nic.
Relazione di una precedente visita al sito del 1998
Bitti. Su Romanzesu.
(domenica
31 maggio 1998 - h 9)
La
scoperta della fonte sacra di Romanzesu
o Poddi Arvu
risale al 1919 ed è stata del tutto casuale. I proprietari del
terreno, dislocato su un altopiano in gran parte granitico, avevano
intrapreso uno scavo per la ricerca di acqua. Ben presto venne alla
luce una costruzione ma i lavori proseguirono fino a distruggere la
parte dell’accesso, costituita da una gradinata che conduceva alle
acque. Si sospese la demolizione solo quando ci si rese conto di
trovarsi di fronte ad un manufatto antico. A quel punto intervenne
Taramelli il quale si limitò a descrivere ciò che emergeva dalle
macerie e dai rovi. Egli precisa: “...
non potei desumere né fotografie significative, né rilievo
attendibile, ma solo un cenno descrittivo che mi permette di
classificare la fonte tra quelle nuragiche ...Resta in piedi la
cupola, priva della parte superiore di chiusura ma conservata per
l’altezza di m. 2.70, formata da 15 corsi di blocchi granitici ben
connessi ed a graduale aggetto verso l’alto. Il diametro della
cella, a livello di soglia, è di m. 3.05. Una fasciatura di muro, in
blocchi più piccoli, disposta tutto all’ingiro della parete, per
l’ampiezza di m. 0.70, riduce a 1.70 il diametro del pozzetto che
sta al centro della camera e che serve a raccogliere l’acqua della
fonte in più ristretto spazio. La profondità del pozzetto è di m.
1...”. I proprietari
trovarono anche frammenti di stoviglie ma “...nella
loro ignoranza non ne avevano tenuto conto”.
A
poca distanza da questa località di
Poddi Arvu, sull’alto
del colle, Taramelli segnalò i resti di una tomba di giganti.
Dal
medesimo territorio proviene un’iscrizione romana.
Di
recente, si sono intrapresi gli scavi della fonte, e ci si è trovati
di fronte a numerose costruzioni che presentano varie tipologie.
- A partire dal vano scala del pozzo c’è un canalone-corridoio gradonato, lungo 42 m., che porta ad una grande vasca circondata da una serie di sei gradoni. Pare che tale bacino, in origine, fosse lastricato e fosse utilizzato per raccogliere l’acqua del pozzo quando essa superava il livello della scala. Con un po’ d’immaginazione possiamo dunque pensare che in tale vasca si celebrassero delle cerimonie rituali. Forse vi si praticavano riti ordalici, come quelli di cui parlava Solino (IIIsec.d.C.), al fine di giudicare e punire i delitti contro la proprietà.
- A monte dell’area del pozzo sono stati individuati i resti di grandi capanne circolari con pavimentazione lastricata, sedili lungo la circonferenza e grandi focolari centrali. Pare che tali capanne siano databili al XVI sec. a.C. e siano dunque più antiche del pozzo sacro (fine XIII-IX sec a.C.).
- A circa 100 m. dal pozzo si è ritrovata un’altra struttura a carattere sacro, un tempio a megaron*, ed è in corso lo scavo di un secondo tempietto, distante 80 m. dal primo. Il tempio evidenzia almeno tre fasi costruttive che vanno dal XIV al IX sec. a. C.
In
un primo tempo era doppiamente in
antis**. Nel lato più
breve del tempio vi era l’ingresso (vestibolo) che dava l’accesso
al sacello che, a sua volta, era in comunicazione con una zona più
interna, riservata esclusivamente ai sacerdoti (I
fase - XIV sec.a.C.).
In
seguito il vestibolo fu parzialmente chiuso con un muro rettilineo e
vi furono realizzati, con piccoli blocchi granitici, due allestimenti
a sezione di cerchio, utilizzati probabilmente per sorreggere due
contenitori che raccoglievano una riserva di acqua per le abluzioni
rituali.(II fase -
XIII-XI sec.a.C.)
Fu
quindi abbattuto il muro rettilineo, precedentemente realizzato, ed
al suo posto fu eretto un muro curvilineo che ampliò lo spazio del
vestibolo. I due allestimenti furono eliminati. ( III
fase - X-IX sec.a.C.)
- A 17 m. dal tempio a megaron è stata individuato un grande recinto a pianta subellittica con l’ingresso rivolto ad est. La struttura si compone di un muro perimetrale e di altri muri interni, perfettamente concentrici, che formano un corridoio labirintico che conduce ad una piccola capanna centrale, forse il luogo dove il sacerdote celebrava i suoi riti. Pare che la struttura sia riferibile al Bronzo recente e finale ( fine XIII-IX sec. a. C.).
Gli
scavi hanno riportato alla luce numerosi frammenti di ceramica
riferibili a tazze, ciotole carenate, olle, tegami, etc. Inoltre nel
megaron si sono ritrovati un pugnaletto ed uno spillone di bronzo,
oltre a due colate di piombo che erano usate per fissare i bronzetti
votivi sulla base di pietra.
Si
può dunque affermare che il sito sia ricco di spunti per chi voglia
immaginare la vita dell’antico villaggio. L’insediamento,
composto da un centinaio di capanne, impegna un’area di 7 ettari;
la presenza di varie strutture a carattere sacro può indurre a
pensare che fosse un vero e proprio santuario frequentato da
pellegrini che giungevano anche da lontano.
I
Romani occuparono l’altopiano con insediamenti produttivi e vi
lasciarono numerose testimonianze soprattutto in epoca imperiale (II
- III sec. d. C.). A loro si deve il toponimo Su
Romanzesu. La zona del
pozzo sacro è conosciuta anche con il nome di
Poddi Arvu, cioè
Pioppo Bianco.
Secondo altre fonti
il toponimo si riferisce alla pratica di trebbiare il grano,
sollevando così la pula, detta poddi
in sardo. Il pioppo ha
il nome di fustialvu,
ed oltre a ciò, nella zona non ci sono, nè vi erano pioppi.
Riferimenti
cronologici:
Bronzo antico -
1800-1600 a.C Cultura di Bonnannaro.
Bronzo medio
- 1600-1300 a.C. Prende l’avvio la Civiltà Nuragica.
Bronzo recente-
1300-1150 a.C. Si sviluppa il culto delle acque nei templi
a pozzo.
Bronzo finale -
1150-900 a.C. Si registra un sensibile sviluppo di
tutto il contesto culturale.
- Templi a megaron - Costruzioni così chiamate per le affinità planimetriche con edifici rettangolari presenti nelle rocche di Micene, Troia, Tirinto. Erano grandi sale con pareti laterali che si prolungavano posteriormente per formare un portico, che poteva essere munito di pilastri. Costituivano il nucleo dei palazzi micenei.
**
In antis, o doppiamente in antis - Costruzioni con i due muri
laterali che si prolungano sul fronte, o sul fronte e sul retro.
Scheda
tratta da: A. Taramelli “Scavi e scoperte” Vol. III
pag. 252-253 Roma -1984
M. Ausilia Fadda, “Su Romanzesu: il villaggio e lo stregone”
articolo pubblicato su Archeologia
Viva
N. 69 pag. 62-67
2. Nuraghe Loelle
presso Buddusò.
Nuraghe con pianta
complessa. Il rifasciamento gli dà l’aspetto di una costruzione
poligonale. Al piano terra non abbiamo notato camere, ma solo una
scala che porta ai piani superiori dove si possono visitare alcune
camere circolari. Da un accesso laterale si giunge in un corridoio
delimitato da monoliti granitici, in parte scavati e levigati, che
costituiscono un vano ampio che si restringe nelle estremità
appiattendosi sulle mura della costruzione principale. In alto, su
una parete, era appeso un pipistrello di color marroncino,
addormentato. Non lontane dal nuraghe sono segnalate tombe di giganti
ma il gruppo non le ha trovate. In seguito abbiamo saputo che sono
scarsamente visibili in quanto semidistrutte.