In questo blog vengono pubblicate soltanto foto e notizie su viaggi ed escursioni. L'attività dell'Associazione Tholos viene aggiornata nel seguente blog:
L'ARCIPELAGO DELLA
MADDALENA
Durante il periodo della
dominazione spagnola l'arcipelago era definito “Le Isole
Intermedie”, era disabitato, e non sempre era presente nelle
descrizioni dei geografi. Mappe e carte nautiche fin dal 1527
riportano per l'isola più grande il nome di Maria Maddalena*.
I Sardi non lo
frequentavano e la circostanza non stupisce se si pensa che in quei
periodi la Gallura era pressoché disabitata. Le isole erano divenute
luogo di passaggio per merci di contrabbando e per malviventi che
transitavano tra la Sardegna e la Corsica. In particolare si facevano uscire dalla Sardegna il bestiame rubato e commerciavano i prodotti della pastorizia senza pagare i relativi diritti al fisco.
Fin dai primi anni del
XVIII secolo i pastori bonifacini si recavano spesso nell'arcipelago
dove portavano le greggi a pascolare per lunghi periodi e dove
coltivavano frumento e orzo. Più avanti li avevano seguiti le loro
donne e vi erano nati dei bambini. La ricca famiglia genovese di
Bonifacio, i Doria, vi teneva il bestiame custodito da pastori
còrsi a mezzadria.
In realtà quelle terre
sono molto più vicine alla Sardegna che alla Corsica ma vista la
consuetudine dei còrsi di frequentarle si riteneva che facessero
parte del territorio comunale di Bonifacio. In effetti le coste còrse sulle Bocche nei secoli passati erano popolate a differenza delle coste galluresi.
Durante i primi decenni
di possesso sabaudo anche il governo sardo rivendicò l'appartenenza
delle isola alla Sardegna e cercò di dimostrarne la proprietà con
titoli e testimonianze. Allora la Repubblica di Genova (che ancora
dominava la Corsica) dimostrò di aver compiuto nelle isole atti di
giurisdizione civile e criminale ai quali si aggiungevano gli atti di
giurisdizione ecclesiastica da parte dei curati di Bonifacio.
Cala
La questione però non
era risolvibile con i mezzi legali e i Savoia pensarono che solo un
atto militare potesse mettere fine alla contesa. Già si profilava
un'occupazione francese della Corsica e il ministro Bogino pensò che
occorresse agire prima che tale evento si concretizzasse. Fatti i
conti si vide che le entrate avrebbero superato le spese di
colonizzazione e si contava anche sulla contrazione del contrabbando
che sottraeva risorse all'erario.
Proprio la lotta verso i
contrabbandieri fu la motivazione addotta per giustificare
l'intervento armato sardo e l'occupazione dell'arcipelago che avvenne
nell'ottobre del 1767. I pastori bonifacini residenti si comportarono
secondo le loro convenienze. Alcuni si sottomisero per diventare
proprietari del bestiame che avevano a mezzadria, altri, timorosi di
confische e di ritorsioni contro i familiari rimasti a Bonifacio, si
ribellarono. Alla fine al grido di “Viva chi vince!” molti
bonifacini rimasero sulle isole e divisero il territorio con i
galluresi e i greco-còrsi che vi arrivarono in seguito.
Mare e rocce
I Savoia si preoccuparono
di impiantare alcune installazioni militari a presidio delle coste.
Furono costruite torri, casematte, postazioni e trinceramenti. In
poco tempo la popolazione raggiunse i mille abitanti dato che vi si
stabilirono anche numerosi còrsi, profughi per ragioni politiche,
che abbandonavano la loro isola al passaggio di questa da Genova alla
Francia (1769).
Le capanne dei pastori
furono sostituite da case in muratura e nei terreni si misero a
coltura viti, frutteti e orti
Notizie tratte da Carlino
Sole: La Sardegna sabauda nel Settecento Ed. Chiarella 1984, pag. 112
e seg.
*http://www.lamiasardegna.it/files/lamaddalena.htm